07
Novembre
2013
mattina
I processi innovativi per gli alimenti
Margherita Rossi
Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente (DeFENS) - Università degli Studi di Milano
abstract
La richiesta da parte dei consumatori di alimenti sempre più simili al prodotto fresco, ha stimolato la ricerca di nuove tecnologie in grado di garantire gli alti standard qualitativi ad un costo ragionevole, senza pregiudicare la sicurezza dei prodotti alimentari.
Molte di queste nuove tecnologie, possono contribuire, in sinergia tra loro e in combinazione con le tecniche tradizionali, a ottenere quei prodotti alimentari che possiamo classificare come minimally processed food, cioè alimenti che hanno subito un minimo impatto da parte dei processi tecnologici applicati per la loro trasformazione e conservazione.
In un breve intervento introduttivo verranno presentati gli scopi di tali tecnologie innovative, la loro classificazione in tecnologie termiche e non termiche, i vantaggi rispetto alle tecnologie tradizionali, l’eventuale uso combinato e le prospettive di applicazione più stimolanti.
Le microonde
Margherita Rossi
Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente (DeFENS) - Università degli Studi di Milano
abstract
Numerose sono le tecnologie innovative che sfruttano le onde elettromagnetiche. Tra queste le microonde rappresentano una tecnologia termica molto diffusa che trova applicazione sia a livello casalingo sia industriale.
Il principale vantaggio di questa tecnologia è che il calore viene generato direttamente all’interno dell’alimento, migliorando l’uniformità del riscaldamento e accorciando i tempi di trattamento, rispetto ai metodi tradizionali basati sullo scambio termico.
Sarà presentato e discusso il meccanismo di generazione del calore in un alimento sottoposto a un campo elettromagnetico, l’influenza delle proprietà dielettriche dell’alimento e in generale i fattori critici di processo nel riscaldamento a microonde. Verranno infine presentate le più importanti applicazioni a livello industriale.
L'utilizzazione dei campi elettrici pulsati per l'inattivazione microbica e l'elettroporazione di membrane vegetali e della luce pulsata nel trattamento di alimenti
Giovanna Ferrari
Dipartimento di Ingegneria Industriale, Università di Salerno e ProdAl scarl
abstract
Le cellule biologiche esposte all’effetto di un campo elettrico esterno di intensità sufficientemente elevata rispondono attraverso un incremento della permeabilità della membrana cellulare. Questo fenomeno, noto come elettroporazione, può essere reversibile o irreversibile, a seconda che il valore dell’intensità del campo elettrico utilizzato sia a di sotto o al di sopra di un valore critico. Negli ultimi anni sono state messe a punto una serie di applicazioni della tecnologia della elettroporazione in diversi campi che vanno dalla medicina, ad esempio nella cura dei tumori o nella transfezione genica, alle biotecnologie, ad esempio per l’estrazione di componenti ad alto valore da alghe e altre tipologie di biomasse, dal settore ambientale, ad esempio per trattamenti di decontaminazione di acque reflue, e nel settore alimentare. In quest’ultimo caso, la tecnologia dell’elettroporazione è stata proposta sia per ottenere l’inattivazione di microorganismi sia come pretrattamento per la permeabilizzazione di tessuti al fine di incrementare la velocità di trasferimento di materia da e verso la matrice alimentare in processi successivi quali estrazione, essiccamento, impregnazione.
Ad ogni modo, qualunque sia l’intensità del campo elettrico applicata, il trattamento PEF consiste nello scaricare treni di impulsi di campo elettrico di breve durata (dell’ordine dei microsecondi) ad un prodotto (liquido e/o liquido contenente particelle solide in sospensione) collocato tra gli elettrodi in una camera di trattamento.
In funzione del tipo di applicazione considerata, i trattamenti PEF possono essere classificati come trattamenti a elevate intensità di campo (20 - 50 kV/cm), come nel caso della pastorizzazione, e trattamenti ad intensità di campo moderata (1 -10 kV/cm), come nel caso della permeabilizzazione dei tessuti.
Nel caso della pastorizzazione, l’utilizzazione della tecnologia PEF è stata proposta in alternativa ai trattamenti termici tradizionali al fine di contenere gli effetti indesiderati di riduzione della qualità e del valore nutrizionale dei prodotti causati dall’allontanamento di componenti termolabili e termosensibili.
Nel caso della permeabilizzazione dei tessuti, il pretrattamento PEF è stato proposto per ridurre i costi di processo, grazie alla diminuzione dei consumi energetici ed alla mancata utilizzazione di enzimi per la disintegrazione della parete cellulare, per ottenere una maggiore purezza degli estratti, grazie alla mancata frammentazione in particelle di dimensioni ridotte delle membrane cellulari, ed, infine, per ridurre i tempi di processo, grazie all’incremento della velocità di trasferimento di materia.
L’ efficacia del trattamento PEF dipende non solo dai parametri di processo, quali intensità del campo elettrico e energia totale trasferita, ma anche dalla tipologia di microrganismi presenti nell’alimento, dal tipo prodotto da trattare e dalle sue caratteristiche chimico-fisiche. Saranno presentati e discussi i meccanismi alla base dell’inattivazione microbica e della permeabilizzazione delle membrane mediante PEF ed esempi di applicazione di tale tecnologia nel settore agroalimentare.
Le radiazioni ultraviolette rappresentano una parte dello spettro elettromagnetico, con lunghezze d’onda comprese tra 100 e 400 nm, le cui proprietà battericide, anche a temperatura ambiente, sono note da tempo e impiegate per la disinfezione di superfici, aria, apparecchiature medicali e acqua. Dal 1999 la Food and Drug Administration (FDA) ne ha riconosciuto l’utilizzo come valida alternativa per la distruzione “non-termica” dei batteri patogeni presenti in succhi di frutta o di vegetali.
L’utilizzo di questa tecnologia nel settore agroalimentare è stato ad oggi limitato a causa della bassa intensità delle radiazioni tipicamente emesse dalle lampade UV, con conseguente limitata capacità di penetrazione in profondità sia in alimenti solidi che in liquidi opachi, e dei tempi di esposizione elevati necessari per ottenere la sterilità commerciale dei prodotti.
Tuttavia, grazie all’evoluzione tecnologica, è stata messa a punto la tecnica HILP che prevede l’esposizione continua degli alimenti a radiazioni in uno spettro più ampio di quello UV.
La tecnica consiste nell’utilizzo di impulsi di luce di elevate intensità (circa 90000 volte quella del sole a livello del mare) e di breve durata (tipicamente poche centinaia di microsecondi) di un ampio spettro di lunghezze d’onda che vanno dall’ultravioletto (UV) fino al vicino-infrarosso (IR) (200-1100 nm).
Durante il trattamento, l’alimento viene esposto ad impulsi di luce generati rilasciando ciclicamente l’energia elettrica accumulata in un capacitore di elevata potenza attraverso un gas inerte (ad esempio xenon) contenuto in una apposita lampada. Gli impulsi così prodotti risultano caratterizzati da elevate quantità di energia rilasciate in un intervallo di tempo ristrettissimo e da una elevata produzione di luce con lunghezze d’onda con capacità battericida (UV), che rendono il trattamento di decontaminazione microbica mediante luce pulsata molto più efficace e rapido rispetto a quello che prevede l’esposizione continua a radiazioni UV.
L’effetto prodotto dalla luce pulsata sui microrganismi sembra determinato dalla coesistenza di meccanismi direttamente correlati alla parte UV dello spettro (effetto fotochimico e/o fototermico) e di meccanismi addizionali (danni alle pareti delle cellule microbiche) tipici dei trattamenti impulsivi di elevata intensità. Ciò rende i trattamenti HILP 4-6 volte più efficaci dei trattamenti UV tradizionali.
E’ ampiamente documentata l’efficacia dei trattamenti HILP per l’inattivazione di spore e cellule vegetative di microrganismi presenti su superfici solide o in liquidi trasparenti. Sono poche ad oggi le applicazioni di tale tecnica per la pastorizzazione di alimenti, specialmente di liquidi, dove fattori come trasparenza, colore e contenuto di solidi solubili contribuiscono a ridurre la capacità di penetrazione della luce attraverso il mezzo.
Saranno presentati e discussi i meccanismi alla base dell’inattivazione microbica mediante HILP ed esempi di applicazione di tale tecnologia sia per la pastorizzazione di alimenti sia per stimolare la sintesi di specifici composti bioattivi.
pomeriggio
L’applicazione del trattamento ad alta pressione e del riscaldamento ohmico nella conservazione degli alimenti
Andrea Brutti
Impianti Pilota e Tecnologie Innovative Dip. Conserve Vegetali - SSICA
abstract
Tra le tecnologie innovative, quelle che negli ultimi anni possono vantare un aumento delle realizzazioni industriali nel settore alimentare sono sicuramente l’applicazione della alta pressione e il riscaldamento ohmico. La prima (HPP) rappresenta una tra le tecnologie a freddo per la stabilizzazione e l’aumento della SL di prodotti RTE e succhi vegetali, o come trattamento di sicurezza alimentare di salumi destinati all’esportazione in quei mercati che richiedono l’assenza di determinati microrganismi.La seconda (Ohmico) è sempre più utilizzata per il trattamento di prodotti in pezzi, con una grande percentuale di prodotto sgocciolato, e per preservare al meglio le caratteristiche sensoriali di prodotti difficili da riscaldare in tempi brevi con tecnologie tradizionali.Nella relazione verranno presentati applicazioni impiantistiche industriali, e possibilità di trattare prodotti particolarmente difficoltosi per le loro caratteristiche intrinseche.
I fluidi supercritici e le loro applicazioni
Alberto Schiraldi
DeFENS, sez. Chimica - Università degli Studi Milano
abstract
L’estrazione con fluidi supercritici (SFE, Supercritical Fluid Extraction) costituisce un’alternativa ai processi tradizionali di distillazione frazionata, distillazione in corrente di vapore, estrazione con solvente liquido, estrazione con tecnica Soxhlet ecc., che implicano condizioni di esercizio talvolta incompatibili con la stabilità chimica delle sostanze da estrarre, oppure portano alla separazione di un estratto contenente tracce di solvente, oppure ancora sono non abbastanza selettivi.
Dopo una breve descrizione delle proprietà di un fluido supercritico (SCF) e dei principi del processo di estrazione, vengono presentati i criteri di applicazione della SCFE e i suoi vantaggi rispetto alle tecniche tradizionali.
Si illustrano le caratteristiche salienti degli impianti di estrazione da matrici solide e matrici liquide e le principali variabili di processo.
Sono riportati alcuni esempi di applicazioni soprattutto nel settore alimentare e farmaceutico, ma anche in altri ambiti della produzione industriale di materiali tecnologicamente avanzati.